E’ il 1937. Il Senato degli Stati Uniti sta considerando l’approvazione di una legge contro il linciaggio dei neri, che però alla fine non passa. Due anni dopo, in un locale del Greenwich Village chiamato “Cafè Society”, avviene un incontro storico: Billie Holiday, già allora voce leggendaria del jazz, conosce Abel Meeropol, autore di una straordinaria canzone che ha per tema il linciaggio dei neri americani negli stati del Sud. Strange fruit rappresenta un vero e proprio manifesto per i diritti civili ante litteram, ben prima di Rosa Parks e di Martin Luther King:
Gli alberi del sud producono uno strano fruttoto
Sangue sulle foglie e sangue alle radici
Un corpo nero che ondeggia nella brezza del sud
Uno strano frutto che pende dai pioppi
Scena pastorale del galante Sud
Gli occhi sporgenti e la bocca contorta
Profumo di magnolia dolce e fresco
Che la pioggia inzuppa che il vento sfianca
Che il sole fa marcire che gli alberi lasciano cadere
Qui c’è uno strano e amaro raccolto.
Nella versione interpretata da Billie, con la sua voce roca e dolente, questa canzone mette i brividi. Ci sembra quasi di vederli i corpi dei neri impiccati che penzolano dai rami degli alberi, frutti strani e grotteschi dell’odio cieco e della violenza. L’effetto che faceva sul pubblico era così forte e le possibili conseguenze così temute che l’FBI dichiarò guerra a Billie: prima le fu intimato di cancellare il brano dal suo repertorio, e quando lei si rifiutò di farlo cominciò una persecuzione tanto assurda quanto implacabile.
Non potendola arrestare perché faceva il suo lavoro, l’FBI tentò di incastrarla per uso di droghe. Abusata quando era ancora una bambina, proveniente da un ambiente povero e degradato, donna nera e artista di culto che non poteva neppure usare la toilette quando andava in tournée, Billie si rifugiava nel consumo di sostanze stupefacenti nel tentativo di soffocare il dolore che aveva dentro di sé.
Il film The United States vs. Billie Holiday, uscito sulla piattaforma Hulu lo scorso febbraio, è la storia dell’accanimento di un Paese verso uno dei suoi talenti più puri e luminosi. Billie fu processata e condannata a 18 mesi di carcere: il racconto di questa ulteriore esperienza traumatica è affidato ad alcune pagine della sua autobiografia, La signora canta il blues (Feltrinelli).
Billie Holiday morì nel 1959, ad appena 44 anni, consumata dall’alcol, dai farmaci e dalle droghe. Resta ila sua straordinaria eredità, e il merito di aver combattuto per ciò in cui credeva portando fino a noi un capolavoro che altrimenti sarebbe rimasto nascosto. Strange fruit, rifiutata dalla più famosa etichetta discografica Columbia, fu incisa per la Commodore e in questo modo Billie immortalò il genio di Meeropol e il suo prezioso messaggio di pace e uguaglianza.
www.youtube.com/watch?v=Web007rzSOI